METAVERSO, PUBBLICITÀ DEL FUTURO?
Metaverso è un termine coniato da Neal Stephenson in Snow Crash, un libro di fantascienza cyberpunk del 1992, descritto come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. In questi giorni la parola Metaverso è molto inflazionata. I marchi stanno facendo di tutto per farne parte. Ma in che modo queste prime interazioni stanno plasmando il futuro della pubblicità all’interno di questo spazio? Che ruolo giocano le Agenzie? E ci dovremmo fidare di questo nuovo segmento, con il rischio di ingombrare un altro spazio digitale con annunci, pop-up etc.?
Per definire come potrebbe essere la pubblicità nel Metaverso–e quale potrebbe essere il ruolo delle agenzie pubblicitarie all’interno di esso–dobbiamo prima capire i due tavoli attuali del gioco. In sostanza grezza c’è un campo che ospita player del calibro di Roblox, Fortnite, Meta e Horizon: con radici nei giochi, spazi familiari con regole di gioco più definite per i marchi e chiari premi fissati dal player titolare del campo. Un campo coinvolgente e social, con un percorso ben tracciato per gli esperti di marketing al fine di trasformarlo in un’esperienza pubblicitaria o di acquisto. Marchi come Vans, Gucci e Nike stanno semplicemente digitalizzando il mondo reale per traslarlo e inserirlo nel virtuale.
Esistono poi delle piattaforme decentralizzate, campi autonomi, player minori: un selvaggio west di creatori, proprietari terrieri, comunità che cercano di creare le proprie economie. Il ruolo dei marchi qui non è ancora molto definito e, per alcuni versi, sgradito. Questo Metaverso decentralizzato, a differenza di Internet che non ha mai avuto un modello di business differente dalla pubblicità, è incentrato su fandom, sottoculture formate da comunità di appassionati/fan, community based e spazi condivisi in cui tutti guadagnano e i creatori vengono premiati.
La pubblicità non è apparentemente necessaria poiché tutti ricevono micro pagamenti per i loro sforzi, creando così un’economia circolare.
Come riuscire quindi ad entrare in questo nuovo modello così chiuso e diverso?
L’unico modo per capirlo è rimboccarsi le maniche e rimanerci incastrati. Una modalità già sperimentata è quella del gioco, in cui i marchi imparano a interagire e parlare con gli utenti, l’altra è quella della community, nella quale i brand aggregano utenti su base paritaria per dialogare e confrontarsi. Non abbiamo ancora quindi una risposta per definire il ruolo della pubblicità. Più facile, invece, è definire il ruolo dei marchi: devono essere molto più partecipativi, collaborativi e comprendere a fondo il milieu in cui operano per essere in grado di rifletterne la cultura. È difficile dire se questo prenderà la forma di ciò che attualmente consideriamo come pubblicità. Probabilmente sarà un’attività più vicina alle attivazioni e alle esperienze del marchio piuttosto che alla classica percezione di visualizzazione o video.
La crescita del Metaverso rischia dunque di tradire le premesse, soprattutto per noi Agenzie, perché quando un ambiente è eccessivamente commercializzato, spesso accade che gli utenti decidano a priori di non entrarci, di non partecipare. Certo è troppo presto per paralizzarne l’evoluzione con un organismo organizzatore, è necessario sperimentare senza vincoli per scoprire dove sono i limiti del campo, cosa possiamo fare e dove e perché abbiamo bisogno di regole. Se inserissimo le regole oggi, non comprenderemmo appieno la potenzialità e l’opportunità creativa di questo nuovo mondo, del domani.
Le persone adorano i marchi e le griffe, amano le cose che possono aiutarli a indossare una personalità vincente o a sentirsi parte di un gruppo elitario. Soprattutto quando un solo mondo(reale) non basta!