
VECCHIA, SELVAGGIA F1:
NUVOLE ROSSE, MINIERE E NUOVE FRONTIERE
Quando pensiamo alla F1, 72 anni quest’anno, siamo tutti piuttosto concordi nel ritenerlo lo sport in cui alcuni dei marchi più famosi del mondo fanno a gara per essere presenti e visibili durante tutta un’intera stagione di spettacolo, dramma ed emozioni. Attorno alle piste, alla trasmissioni tv e radio, ai media digitali, si posizionano senza alcun dubbio i più grandi nomi dell’establishment globale: Rolex, Heineken, Ray Ban, Emirates, Puma, Tommy Hilfiger, e molti altri ancora. Non è un segreto che la Formula 1 offra una colossale piattaforma di marketing alle aziende per aumentarne la notorietà e il riconoscimento di marca. In quanto ad appeal e attrattiva per i brand, l’Olimpo del Motorsport si avvicina assai al business del calcio europeo e della pallacanestro statunitense. Non si può del resto negare che tutto ciò sia un retaggio diretto dell’attività e della carriera di quel genio australiano di John Hogan, che arrivò allo sport negli anni ’70 come direttore marketing di Marlboro, spingendo un “evento per ricchi” nel grande mainstream. Il più grande marchio di tabacco del mondo entrò a far parte delle corse a partire dal 1973: da allora in avanti tutto il resto dell’industria del tabacco cominciò a investire sempre più pesantemente per vincere contro il Gallone Rosso. Mentre Marlboro ebbe le armi più gloriose in McLaren, Team Penske e più recentemente Ferrari, i competitors sostennero le squadre più piccole e familiari come Williams, Lotus e Ligier. Quando si parlava di campionati combattuti, di battaglie in gara, di sorpassi all’ultima curva, bisognava citarne i marchi protagonisti: una vittoria per la Lotus equivaleva a una vittoria per John Player Special, una pole position per Ligier significava la prima fila per Gitanes, un campionato per la Williams eguagliava un mondiale per Rothmans: le persone associavano immediatamente alla scuderia trionfante le sigarette corrispondenti quale prodotto vincente assoluto. Di certo fu che i primi dubbi sulla convenienza in fatto di salute del consumo di tabacco e dei suoi derivati
cominciarono a venire a galla. I governi iniziarono quindi a imporre divieti alla pubblicità del tabacco a partire dalla fine degli anni ’80, e in poco più di un decennio si arrivò ad estendere il divieto in tutta l’Unione Europea a partire dal 2007. Gestire un team di Formula 1 non è quasi mai redditizio: le scuderie fanno grande affidamento, se non fondamento esclusivo, sui soldi delle sponsorizzazioni e sui premi in denaro per pagare i creditori, i dipendenti e competere in pista. Presto ci si accorse che le aziende del tabacco, che erano state disposte a investire un’enorme somma di denaro nel Motorsport, non avrebbero potuto avere competitors e che nessun altro settore avrebbe potuto sostituirle. Anche dopo la crisi economica del 2008, molte squadre del Circus sono rimaste vittime della mancanza di sponsorship in F1: Marussia, HRT, Caterham, Sauber, Williams – tre di queste squadre hanno dichiarato bancarotta e hanno chiuso alle corse in meno di 5 anni. Tuttavia, a partire dalla seconda metà del 2010, una nuova industria ha cominciato a lievitare in background. La concettualizzazione di valute digitali decentralizzate e la tecnologia blockchain in evoluzione hanno mano a mano avuto un crescente impatto su Internet fino a un vero e proprio “big bang” nel 2020. Le società di cryptovalute hanno generato entrate per milioni e milioni di euro attraverso transazioni di bitmonete e campagne di mining ed exchange. In appena 2 anni trascorsi, abbiamo fin ora assistito alla lotta di 3 marchi di settore per accaparrarsi la migliore presenza e awarness negli sport più popolari: calcio, boxe e motociclismo. Crypto.com, Socios.com e Bitci.com si sono uniti alla F1 più o meno nello stesso momento, e già uno dei tre brand sembra aver conquistato largamente la leadership sul campo.
L’onnipresenza di questi marchi di criptovalute delinea un messaggio chiaro: l’aumento delle prospettive di investimento sta diventando parte dell’esperienza di questo sport. Ma se nel futuro prossimo la nuova crypto-pubblicità fosse bannata come il vecchio tabacco… quale frontiera dunque ci aspetterebbe?